Cammino per Santiago e Stati Uniti d’America

Cammino per Santiago e Stati Uniti d’America
In viaggio con la figlia adolescente per due anni consecutivi

venerdì 12 settembre 2014

Perché abbiamo fatto il Cammino verso Santiago?


Papà, facciamo il Cammino di Santiago de Compostela?

Questa è stata la richiesta che mia figlia Chiara fece un anno prima. L’idea di questa escursione, infatti, è nata da lei. Chiara, durante l’estate del 2012, nella nostra casa di villeggiatura in Abruzzo mi ha proposto d’intraprendere al termine della scuola dell’anno successivo questo percorso. Il fatto che a suggerirlo sia lei è importante, ed è indicativo che una sedicenne proponga certe camminate. Il “perché” non gliel’ho chiesto, ci ho pensato dopo, quando siamo tornati, quando ho sentito l’importanza dell’esperienza sulla pelle; ed è stato a quel punto che mi sono chiesto non solo “perché il Cammino anziché Rimini?”, ma anche “perché chiederlo a me?” A Chiara non mancano gli amici e non siamo dei genitori proibitivi… io di certo avrei rotto le scatole per andare con i miei amici. In ogni modo la richiesta è stata accolta e mantenuta, per un anno, fino alla partenza, senza tentennamenti. A dire il vero Chiara non ha rinunciato a coinvolgere i suoi amici, ma semplicemente erano loro che non avevano alcuna intenzione d’essere coinvolti nella camminata. Questo particolare mi riporta a quando ero giovane e volevo coinvolgere qualcuno nei miei viaggi: vedo delle analogie tra le due epoche e non penso per niente che sia un dettaglio generazionale.

Sui miei blog ci sono dei giovani che mi sottopongono, in parte, i loro disagi e mi raccontano i loro malesseri del vivere quotidiano sognando la fuga, il viaggio, la libertà. Poi, però, trovano grosse difficoltà a realizzare, o quantomeno a tentare di fare, tutto ciò. Stiamo attenti a non cadere nel tranello con il pensare che i giovani di oggi siano meno propensi a sperimentare certe scelte di vita, mentre trenta o quaranta anni fa era più normale. Rapportandomi con la mia esperienza mi sento di smentire certe valutazioni. Mi sembra la stessa situazione della generazione Sessantottina o hippy, catalogandole come se fossero realtà consolidate su vasta scala. Io, invece, ritengo che, tanto per ancorarmi a quei due movimenti, chi ne apparteneva era una minoranza neanche poi tanto numerosa. Stessa cosa è per la voglia di avventura: quando ero giovane facevo una gran fatica a convincere un solo coetaneo per mollare tutto e tuffarsi a piedi uniti in un bagno di avventura incondizionata. Inizialmente, quando si facevano progetti, sembrava di essere la metà di mille, poi, con il procedere verso la linea concreta… beh, pian piano si defilavano tutti. Era così allora ed è così adesso. Perché è difficile troncare un modo di vivere consolidato per tentare l’ignoto o qualcosa di diverso dalla solita routine.

Perché io ho accettato l’invito? Chiara ha una certa età chiamata adolescenza, ma anch’io ho già una certa età il cui tallone d’Achille potrebbe essere un entusiasmo non molto forte che rischia di scemare di fronte alle varie difficoltà. Almeno in teoria questa potrebbe essere l’incognita di chi non è più giovane. Mi sento ancora in forma, pronto a fare più di venticinque chilometri il giorno. Non ho ritenuto di fare alcun allenamento precedente, del resto sono abituato a tenermi sempre in movimento e Chiara? Beh, lei la preparazione voleva farla, ma non aveva tempo.

Il Cammino scelto è quello Portoghese, e di preciso da Porto a Santiago de Compostela perché corrispondeva meglio ai giorni di ferie che avevo a disposizione. I Cammini verso il capoluogo della comunità autonoma della Galizia sono fatti per la maggior parte da persone motivate dalla fede religiosa. Nel nostro caso, invece, abbiamo affrontato questo Cammino dal punto di vista laico, non essendo credenti. In ogni caso, io sono contento di aver scelto quello Portoghese, proprio perché lì non c’è il caos del tanto decantato... Cammino Francese, che m’interessa sempre di meno.

Da Santiago, al termine della camminata siamo andati con un pullman, su un tragitto di circa 85 km, a Fisterra (chiamata anche in latino Finisterrae, oppure Finisterre o Finis Terrae… fine della Terra), la punta occidentale dell’Europa continentale. Sulla via del ritorno, a Cammino concluso, abbiamo visitato Porto, il santuario Bom Jesus do Monte e Coimbra, per poi tornare a Lisbona e da lì prendere l’aereo per l’Italia. Abbiamo annotato costi, ostelli, orari, tappe, tutto ciò che potrebbe agevolare chi avesse intenzione di intraprendere questo percorso.

Del Cammino, sinteticamente dico che il percorso di 224 chilometri l’abbiamo fatto in dieci tappe, il resto è stata vacanza… soprattutto in Portogallo. Un tratto breve – se si considera che il tragitto classico (ossia il Cammino Francese, che parte nei Pirenei a Saint Jean Pied de Port) è di circa 775 chilometri – ma, tuttavia, bene rapportato con il tempo che abbiamo avuto a disposizione.

A livello concreto, il puro Cammino è iniziato il 21 giugno 2013 ed è finito nella bella Santiago de Compostela domenica 30 giugno.

Mi è stato chiesto se ritengo il Cammino l’avventura, o eventualmente l’esperienza più importante che io abbia vissuto. Calma e stiamo con i piedi per terra. Intanto diamo il valore giusto alla definizione di avventura: secondo me l’avventura c’è quando si sfida l’ignoto e in un Cammino verso Santiago de Compostela d’ignoto non c’è niente, perché si sa benissimo a quali distanze ci sono gli alloggi dove pernottare, e per di più si segue un percorso di continuo indicato dalle frecce gialle… lasciando poco margine agli imprevisti. Io penso che l’avventura viva diametralmente opposta alla programmazione. Sull’esperienza più importante della mia vita, anche qui invito alla calma giacché ne ho tante altre da incorniciare. In me, dunque, restano vivi nella mente alcuni particolari momenti, quali per esempio il viaggio di undici mesi in India con la stessa Vespa 200 Rally con cui l’anno precedente andai a Capo Nord, l’autostop fatto nel bel mezzo del Sahara, l’attraversamento dello stesso deserto su un piccolo camion con ben cinquanta tuareg a bordo, i diversi giorni di navigazione sul rio Ucayali (assieme al rio Marañón costituisce l’origine del rio delle Amazzoni) su una rudimentale imbarcazione mangiando cibi cotti con l’acqua del fiume, i terribili percorsi andini boliviani e peruviani, la visita alla miniera di Potosì, l’autostop nella Patagonia, l’attraversata in autostop dell’intera isola fredda e ventosissima della Terra del Fuoco fino a Ushuaia, con relativi passaggi fortuiti sulla strada del ritorno. Non posso dimenticare anche i viaggi faticosissimi nell’Africa subsahariana, sia su deteriorati tassì-brousse (tassì collettivi) sia su sovraffollati treni; o che in Madagascar ho rischiato di annegare per cause assurde e incredibili. Ovunque ho ricevuto una calorosa ospitalità e degli aiuti da parte dei nativi, ho familiarizzato con una moltitudine di persone... alcune delle quali sono poi venute a trovarmi in Italia.

Sono dell’idea che ogni cosa debba essere collocata nella sua giusta posizione e il Cammino di Santiago era una perla che mi mancava e perciò acquista la sua importanza per me, soprattutto per averla fatta a sessantuno anni, e ne sono contento di averla assaggiata con mia figlia. Pur sapendo che è pur vero che ogni Cammino è una storia a sé e si differenzia comunque dagli altri, io non ripeterò questa esperienza, come non ho ripetuto le precedenti che ho vissuto, cercando pur sempre – per quanto mi sia ancora possibile – di rimanere fedele al mio spirito nomade rimasto… seppur assottigliato. A me piacciono stimoli nuovi e perdo interesse per le repliche, per il copia e incolla, questo da sempre anche quando ero giovane. Del resto fare una cosa di cui so già come va a finire, è come rileggere lo stesso giallo sapendo sin dall’inizio chi è l’assassino: non c’è pathos in ciò. Forse sono fatto male, ma sono così. Se ci fosse un’opportunità oggi gradirei tantissimo volare sopra le Alpi in mongolfiera, oppure fare lunghi percorsi europei su un calesse e via dicendo… insomma sarei attratto da cose che non ho mai fatto. Eviterei, però, altri ampi giri in Vespa o dei lunghi Cammini famosi… di cui conosco già le loro sfumature. Questo è il punto. Tutt’al più preferisco fare – in maniera concreta – delle camminate sul Gran Sasso o sulle montagne lecchesi, ma non quelle classiche troppo affollate di pellegrini: no, non è più il caso. Eviterei pure i viaggi in autostop, giacché ne feci in quattro continenti (una cosa comunque da non prendere più in considerazione, sia per la mia età sia perché non è più il momento). Insomma, non ho mai voluto specializzarmi in una disciplina e così cerco solo cose nuove, salute permettendo, poiché tutto ciò che ho già sperimentato mi diventa tedioso. In definitiva, e detto in sintesi, il mio concetto è che non voglio ripetermi: non più né Vespa né Cammini. D’altro canto il così fan tutti non fa per me; penso, invece, che sia meglio una vita per nulla scontata e un po’ fuori dagli schemi e non m’interessa seguire le mode.

Per Chiara la situazione è diversa dalla mia, anche in rapporto alla sua fresca età, e le auspico che in futuro segua un altro Cammino verso Santiago de Compostela. So che mia figlia è assai determinata e può darsi che verrà il suo momento di rimettersi lo zaino in spalla e seguire altri sentieri che porteranno in Galicia. Poi può essere che i vari impegni non le permetteranno di fare un’altra esperienza simile, ma non si sa mai. Chiara è motivata e potrebbe fare un altro Cammino, soprattutto perché n’è rimasta affascinata dall’incontro con persone aperte e disponibili, insomma le è piaciuto lo spirito di gruppo che gente sconosciuta riesce tuttavia a far prevalere. Le sono piaciute la collaborazione e la tolleranza, al di là della nazionalità di appartenenza. Ecco, questa è la cosa che ricorderà più di ogni altra, ed è ciò che la stimolerà a tornare di nuovo a Santiago de Compostela. La cosa che non le piace, e neppure a me, è interpretare il Cammino come un fatto agonistico, una gara. Chi vuole gareggiare ha altri palcoscenici in cui misurarsi, ma qui è patetico solo a pensarlo.

Invito a diffidare di chi sostiene che o si fa il Cammino vero, o è meglio non farlo per niente. Chi dice così è una persona pigra che prende ogni scusa pur di non agire, limitandosi solo a blaterare. Non esiste più il Cammino vero, poiché innanzi tutto non si è più nel Medioevo, e inoltre ci sono diversi itinerari e ciascuno può scegliere quello più consono. L’importante è camminare, tutto il resto viene dopo: sarebbe un peccato limitarsi a sognarlo senza mai decidersi a metterlo in pratica. Le spese sono abbordabilissime e ho constatato che avendo vissuto dieci giorni di pellegrinaggio e altrettanti da vacanziere… beh, i costi sono lievitati nella seconda veste, anche per i mezzi di trasporto, mentre nella prima sono stati davvero bassi se si pensa che negli ostelli si pagava 5 o 6 euro per notte. Sono dell’idea che ogni cosa deve essere collocata nella sua giusta posizione e il Cammino di Santiago era una cosa che mi mancava e perciò acquista la sua importanza per me, soprattutto per averla fatta a sessantun anni, e ne sono contento di averla assaggiata con mia figlia.

Chiara è motivata e ha voglia di fare un altro Cammino, soprattutto perché n’è rimasta affascinata dall’incontro con persone aperte e disponibili; insomma le è piaciuto lo spirito di gruppo che gente sconosciuta riesce tuttavia a far prevalere. Le sono piaciute la collaborazione e la tolleranza, indipendentemente dalla nazionalità di appartenenza. Ecco, questa è la cosa che ricorderà più di ogni altra, ed è ciò che la stimolerà a tornare di nuovo a Santiago de Compostela.

Prima che io partissi, Angelo Vittorio Gambella mi disse: Non vi è evento più bello che fare questa esperienza con i propri figli. Ha ragione.

 

Giorgio Càeran

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